Comitato Carnevale Bacanal del Gnoco

A.D. 1531

Il vestito
L’abbigliamento del Papà del Gnoco
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L’abbigliamento del Papà del Gnoco
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L’abbigliamento del Papà del Gnoco

“Quando vediamo sfilare il Papà del Gnoco, sgargiante nell’abito che alterna avorio e rosso, con il cappellone in testa e la forchetta con gnocco in pugno, pieno di trine e merletti, non immaginiamo nemmeno la cura e della ricchezza di particolari (tutti hanno un preciso significato) che questa veste possiede.”

L’ABBIGLIAMENTO
Per indossarlo occorre almeno una mezz’ora e il rito richiede l’aiuto di un cerimoniere: vestire i panni di Sire del carnevale è davvero una cosa seria, non solo in senso metaforico. Quando vediamo sfilare il Papà del Gnoco, sgargiante nell’abito che alterna avorio e rosso, con il cappellone in testa e la forchetta con gnocco in pugno, pieno di trine e merletti, non immaginiamo nemmeno la cura e della ricchezza di particolari (tutti hanno un preciso significato) che questa veste possiede. Chi può conoscerli meglio di Ginetto D’Agostino, da 45 anni presidente del Bacanal) In cassaforte possiede infatti un abito da sire di fine ottocento, indossato – racconta – da Fattorelli, uno storico Papà del Gnoco. Un oggetto di valore inestimabile.

LA TAGLIA
Da non credere: si va dal 54 per i «magri» che non superano gli 80 chili al 64 per i Papà che di gnocchi ne hanno mangiati parecchi e arrivano ai 110 chili: le più usate sono proprio le taglie forti. Più «usate» perché va detto subito che nella sede del Bacanal a Porta San Zeno sono custoditi ben otto abiti da sire, fatti confezionare a Milano alla casa d’arte Fiore. Quando infatti un candidato viene eletto Sire, o se lo fa fare da un sarto (Dora di vicolo Terese, qui a Verona, ne ha cuciti più d’uno), oppure non diventa «proprietario» del vestito. Lo indossa direttamente per le manifestazioni nella sede del Bacanal e poi lo ripone lì alla fine della festa.

IL CAPPELLO
Si tratta di un abito complesso da realizzare. Con molti riferimenti allegorici. Partiamo per esempio dal cappello, che ha quella strana forma come di un gazebo coloratissimo, da cui scendono perline e pizzi di ogni tipo, con l’immancabile orlo dorato: raffigura infatti il palco che in passato veniva allestito in piazza San Zeno e dal quale venivano distribuiti alla popolazione gli gnocchi. Il Presidente Ginetto D’Agostino si ricorda di averlo visto l’ultima volta nel ’45.

LO SCETTRO
Poi c’è lo scettro: un «piron col Gnoco», come si dice in dialetto, cioè una forchetta che simboleggia evidentemente la distribuzione degli gnocchi voluta da Tommaso Da Vico. E anche qui, a commento, c’è il vecchio proverbio: «Porta Gnoco sul piron, sempre alegro mai pasion».

IL PANCIOTTO
Passiamo all’abito vero e proprio, tutto giocato sui toni dell’avorio e del rosso: davanti, sopra il cuscino che fa la pancia dell’abbondanza anche ai candidati più snelli, c’è il panciotto con i bottoni dorati, che sotto la gola si chiude con un foulard, mentre tutti gli orli sia della giacca che dei calzoni terminano con uno sfarzoso pizzo e con sonanti campanelli: 12 per ciascuna gamba e altrettanti sul fondo della giacca.

IL MANTELLO
Sulla schiena l’abito ha un’imbottitura a forma di gnocco che sporge dal vestito ed esce anche dal grande mantello rosso di pannolenci foderato di raso bianco, che infatti ha un taglio apposito a quell’altezza.

LE SCARPE
Le calzature sono bianche, di pelle, fregiate con due pon pon di lana rossi.

LA BARBA
E’ fatta in lana di bufala, ogni volta può essere lavata e pettinata. La parrucca è invece confezionata dallo storico negozio di corso Porta Borsari. «Mi ricordo ancora che la prima parrucchiera che ce le preparava quarant’anni fa si trovava in piazzetta Pescheria», spiega D’Agostino, e aggiunge: «Nel tempo l’abbigliamento della maschera è mutato ma solo in parte. Se osserviamo per esempio gli affreschi del pittore veronese del Settecento Marco Marcola vediamo che il Papà del Gnoco era allora vestito con una sorta di tuta intera color avorio con davanti otto bottoni grossi come pon pon e aveva il cappello fatto a cono. Anche la barba era diversa: del tipo veneziano, a punta, come quella di Pantalone per capirci, e aveva anche un grosso naso finto». Cambiano i tempi, si aggiornano i costumi. Certo è che il valore dell’abito da sire è proprio degno di un re: il nostro Sire del carnevale Veronese…